Sappiamo che una lettera apostrofata è differente di una lettera accentata: mettiamo i puntini dove necessario chiamando le cose con il loro nome.
Non è nostra intenzione entrare nel merito della definizioni che mass-media ed esponenti politici danno al termine “terrorismo” per cercare di giustificare soprusi e attacchi continui e indiscriminati; non punteremo il dito contro qualcuno in una sorta di indice dei buoni e dei cattivi, tenendo una mano sugli occhi, a distanza di migliaia di chilometri.
Sarebbe facile, sarebbe quanto mai squallido. La storia italiana, senza alcun bisogno di andare a vedere quella di altri, ha impresso sulla pelle della gente l'opinabilità di questo significato. Allo stesso tempo, non è compito nostro disquisire sulla storia e sulle posizioni espresse da parte delle varie formazioni politico-militari palestinesi, indipendentemente dal fatto che, a tal proposito, ognuno di noi possa avere le proprie personali opinioni; il nostro interesse e questo progetto sono diretti espressamente alla Palestina e alla causa palestinese.
Come persone che operano all'interno di esperienze collettive nel campo della grafica e delle arti visive, già in passato abbiamo cercato di esprimere concretamente occasioni e pian di socializzazione e condivisione affinché, anche nell'ambito che ci vede quotidianamente attivi e, al contempo, al di fuori delle relative specificità e specialità, potessero emergere utili spunti di riflessione e momenti di iniziativa. Siamo consci del fatto che il nostro è e sarà un contributo del tutto trascurabile nell'ottica del panorama che riaffiorerà alla fine degli attacchi israeliani nella striscia di Gaza.
Tuttavia, oggi, le motivazioni che ci spingono a utilizzare immagini come pietre, in una per nulla simbolica intifada visiva, rimangono le medesime di sempre: essere presenti. Esserci.
Nervi e tessuto e ponte da qui a là e viceversa. Parole che si trasformano in immagini che diventano oggetti che esprimono un punto di vista, ragionamenti, fionde. Mezzi espressivi.
Tuttavia, oggi, le motivazioni che ci spingono a utilizzare immagini come pietre, in una per nulla simbolica intifada visiva, rimangono le medesime di sempre: essere presenti. Esserci.
Nervi e tessuto e ponte da qui a là e viceversa. Parole che si trasformano in immagini che diventano oggetti che esprimono un punto di vista, ragionamenti, fionde. Mezzi espressivi.
Me gustaría participar, por favor los invito a mi página: www.luiso-birome.blogspot.com
RispondiEliminaY elijan los trabajos que quieran si es que consideran que pueden incluirse.
Saludos desde Argentina.